Il giorno in cui incontrai Immanuel Casto

immanuelcastoChi mi conosce sa bene che ho due punti estrogenicamente deboli: Benedict Cumberbatch ed Immanuel Casto.
Tra le novità arretrate di questi anni di silenzio blogghistico c’è l’aver avuto l’enorme piacere di incontrare quest’ultimo durante lo scorso Lucca Comics & Games, in occasione della vendita e della promozione del suo gioco di carte satirico e del fumetto “Squillo”.Irriverente, provocatorio ed estremamente intelligente, il Casto Divo mi è da sempre piaciuto tantissimo per l’arguzia con cui si prende gioco –con testi meravigliosamente demenziali– di tematiche serie ed attuali come l’enorme visibilità mediatica data a personaggi di dubbio gusto, lo sfruttamento della prostituzione, l’omo e la transfobia, l’ipocrisia religiosa.
E poi, perché è bello e pompato come un manzo Kobe.
Ma andiamo oltre.
Chi è andato almeno una volta al Lucca Comics sa che gli artisti e gli autori sono giustamente visti dal pubblico nerd come delle rockstar, dunque davanti ad ogni banchetto si accumulano orde di fan adoranti che non vedono l’ora di incontrare il proprio idolo.
Tra questi fan ovviamente c’ero anche io, trepidante in coda e con due copie di “Marchettari sprovveduti” tra le mani da far autografare ad Immanuel, una per me ed una per un mio carissimo amico che ama il Casto Divo tanto quanto me. Fede nel mentre sta tentando l’impresa titanica (rivelatasi poi impossibile) di farsi fare un autografo da Zerocalcare, e meno male perché così non mi ha visto nei panni della tredicenne isterica.
Una gentile ragazza del personale mi dice che sono nella coda sbagliata, quella del papà di Jenus Don Alemanno (che si trova di fianco al Casto Divo perché sono freschi di collaborazione, doveva esserci anche la bellissima Romina Falconi ma in quel momento era via) dunque corro nella fila giusta che fortunatamente era quasi vuota e mi trovo davanti a LUI.
Ora, tutte noi donne abbiamo sicuramente detto almeno una volta nella nostra vita la frase stereotipata “Ah, gli uomini basta che vedono una sventolona e non capiscono più niente!”.
Beh, ora li capisco. Non è una frase stereotipata, veramente non si capisce più niente, perché appena ho visto Immanuel, che sebbene fosse stanchissimo e con tipo cinquemila ore di autografi e un concerto fatto la sera prima alle spalle era sempre e comunque splendido come un dio greco, le mie sinapsi sono collassate su sé stesse, ho cominciato a tremare e a parlare in falsetto e ho dato inizio ad uno sdoppiamento della personalità: la prima che squittiva e soffriva di iperidrosi (C1), la seconda che, distaccata, osservava il tutto e faceva commenti sarcastici, mentali e non(C2).
C1: “IMMANUEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEL!!!!!!!111111111111!!!!!!unouno!”
C2: “Ma un po’ di contegno, ti sei vista?”
Immanuel, l’uomo più bello che abbia mai visto dal vivo, nonostante la stanchezza e il ritrovarsi davanti l’ennesima fan imbecille, mi accoglie con un gentilissimo “Oh, carina!”
Immanuel così distrugge involontariamente ogni mio briciolo di dignità, perché l’unica cosa che riesco a fare è far prevalere C1 stringendo le copie di Squillo e sibilando: “IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIH!!!”
C2: “Lo ha detto per educazione, ORA CALMATI!”
Il Casto Divo, che ha tanta pazienza, mi chiede di dargli le copie di Squillo da autografare, fatto sta che mi fossi dimenticata di togliere la plastichina trasparente che le avvolgeva e quando me ne sono accorta ho voluto tipo morire.
C2: “Che figura di m***a.”
Allora Immanuel, ormai martire di fronte al mio rincoglionimento, si mette ad aiutarmi ad aprire i giochi di carte, me ne autografa uno ma io ho un improvviso momento di lucidità e gli chiedo:
C2: “Immanuel, potresti farmi una dedica sull’altro gioco? E’ per un mio amico.”
I: “Certo, come si chiama?”
C2: “Potresti scrivere “A POMPONIO DA CASTIGLIONE”?”
Dall’altro banchetto Don Alemanno scoppia in una fragorosa risata. I ragazzi in coda di fianco a me, tra lo sbigottito e il divertito, mi domandano increduli: “Hai detto veramente Pomponio da Castiglione?”
Ed io, ormai in balia dello sdoppiamento di identità, rispondo tranquillamente con la mia parte razionale, raccontando pacata l’aneddoto che c’è dietro l’epiteto.
C2: “Sì, è il nome da pittore fittizio che abbiamo dato al mio amico. Tutti noi ne abbiamo uno. Sulla scia di Masolino da Panicale, lui è Pomponio da Castiglione“.
I ragazzi ridono e Don Alemanno anche, perché sono pazza: l’unico a rimanere impassibile è Immanuel, che mi chiede:
I: “Pomponio, con la M?”
C2: “Sì, certo”
Immanuel fa la dedica, mi saluta e io rimango ferma. Non riesco a muovermi. Poi realizzo che devo levarmi dalle palle e squittisco: “CIAOOOOOOOOOOOO <3 <3 <3!!!
Torna Fede, che mi scruta con sguardo indagatore vedendomi con la faccia paonazza, i capelli di Telespalla Bob e che cammino fluttuando.
F: “Sei riuscita a vedere Immanuel?”
C:“Sìììììììì! Ha detto che sono CARINAAAAAAAAAAAAAAH….”
Poi forse sono svenuta come fa Dante per fare i cliffhanger tra un canto e l’altro dell’Inferno, oppure ho rimosso quello che è successo dopo per l’eccesso di endorfine.
Fatto sta che, quando ho portato al mio amico la copia di Squillo con la dedica mirata e gli ho raccontato il tutto, è stato felicissimo e abbiamo riso almeno per mezz’ora, che è la cosa più importante.
Morale della favola: Immanuel Casto è bello, buono, bravo e santo e la fangirlitudine non risparmia nessuno. Dunque non importa se siete realizzati professionisti, avete lauree, dottorati o siete andati nello spazio: quando vedete il vostro sogno sventolone/sventolona, non capite più NIENTE.
Se vi va, fatemi sentire meno sola e raccontatemi un vostro episodio da fan isterici/isteriche, nel frattempo vi saluto con Crash, singolo Divo & Nerd di Immanuel Casto e Romina Falconi.

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