Torno a parlare del Giappone soffermandomi su un argomento a me molto caro: IL CIBO.
Dato che i giapponesi mangiano fuori almeno due volte al giorno, è possibile facendo un po’ di attenzione (ma neanche troppa, basta evitare i palesi trappoloni per turisti) mangiare cibi tipici a poco prezzo, e in questo post voglio suggerirvi alcune delle pietanze che più ci sono piaciute.
Ho sempre creduto nel detto secondo cui l’apparenza inganna, e ciò si è rivelato estremamente vero per quanto riguarda il cibo nipponico. Molto spesso infatti i chioschetti a cui non si darebbero due lire, magari situati in posti improbabili come quello in cui ci siamo infrattati ad Osaka, riservano le sorprese gastronomiche migliori, permettendo di mangiare tanto e bene spendendo nemmeno 5 euro a testa. Il piccolo angolo di paradiso che abbiamo trovato ad Osaka infatti ci ha permesso di gustare dei buonissimi Okonomiyaki (che significa letteralmente “cucina ciò che vuoi“), una sorta di frittatona a base di cavolo sminuzzato cucinata su una piastra rovente con come base una pastella fatta di acqua, farina e uova. Successivamente vi si aggiunge di tutto e di più, e le frittatone vengono servite direttamente sul tavolo, dotato di una piastra rovente da cui si mangia direttamente con le bacchette.
Il posto era surreale, ricavato da un garage e gestito da due signore che insieme avranno avuto circa duecento anni, una delle quali con i capelli lilla fluo (adorooo!) e l’altra abbastanza somigliante a Marrabbio, il padre di Kiss Me Licia. A parte questo, il personale e le signore sono state di una gentilezza commovente, e abbiamo scoperto che il posto era anche stato visitato da alcune boy-band idol del J-Pop, di cui ovviamente non sapremo mai il nome perché le fotografie e la rivista appese alle pareti erano scritte tutti in Kanji (mi piace però pensare a quelle band come l’equivalente dagli occhi a mandorla degli One Direction). Il chioschetto purtroppo per noi ha nome ignoto, nel senso che quando abbiamo provato a chiedere alle proprietarie come si chiamasse per fare una meritatissima pubblicità, loro hanno risposto dicendoci solo “O-KO-NO-MI-YA-KI!”. ‘Nnamo bene. Comunque erano veramente, ma veramente squisiti.
Altro suggerimento sono le bancarelle che vendono street-food, che propongono un’offerta veramente variegata. Per una merenda al volo mentre si passeggia vi consigliamo i taiyaki, dei simpatici dolcetti a forma di pesciolino (il nome infatti significa “orata al forno“). Nella versione classica sono ripieni di anko, ossia una marmellata di fagioli rossi azuki, e hanno una pastella leggera simile a quella dei waffel, dunque sottile e croccantina, ma sono un cibo talmente famoso da essere reinterpretato in molteplici modi, sia dolci che salati. Noi abbiamo assaggiato anche una versione che incontra i gusti occidentali, ossia i “taiyaki croissant”, praticamente una brioche burrosa ripiena di crema pasticcera a forma di pesce. Buonissimo!
Tra l’altro, i dolcetti in Giappone sono bellissimi e scenografici, ma sono decisamente meno zuccherati rispetto a quelli occidentali (come confermava Taeko in questo post). Questo vale per tutti i dolci, sia per i taiyaki che per le scenografiche crèpe da passeggio divorate a Takeshita Street (bellissima, praticamente la Camden di Tokyo!). C’è una sorta di compensazione però con le bevande e gli snack, che si trovano in combinazioni spesso inimmaginabili, come la Gabunomi, una bevanda frizzante al gusto di…Gelato al melone! Poi, la sera è d’obbligo assaggiare almeno una volta il ramen, dei tagliolini sottili in brodo insaporiti con salsa di miso, soia e arricchiti con alghe, uova sode e carne (soprattutto maiale, molto usato nell a cucina giapponese ma cucinato in modo leggero e facilmente digeribile), o gli udon, tagliatelle più spesse che possono essere servite sia calde che fredde. Nei ristoranti inoltre troverete sempre degli enormi cuociriso dove potrete prendere tutto il riso bianco che volete. Il riso scondito è infatti usato come sostituto del pane (che non si mangia), e ne viene sempre servita una ciotola assieme alla pietanza che ordinate, oltre alla salsa di soia e una ciotolina di zuppa di miso. A volte viene anche servito un po’ di tofu, e non me ne vogliano i fanatici del bio, ma non ha niente a che vedere con i tocchetti che sanno di cartone che si trovano in Italia. Ha un sapore delicatissimo e molto gradevole e spesso è accompagnato da verdurine o da erba cipollina (molto usata).
E che dire del tempura? Il tempura è squisito e consiste in carne, verdure o pesce ricoperti di pastella e fritti. La frittura giapponese è ESTREMAMENTE diversa da quella italiana: durante tutta la vacanza abbiamo mangiato in abbondanza fritture à gogo e non abbiamo mai avuto problemi di digestione, poiché il fritto è veramente molto più leggero. In generale la cucina giapponese è molto sana e digeribile, piena di pesce ricco di omega 3 (come lo sgombro, che si trova spesso sulle tavole nipponiche), di alghe, priva di condimenti (salsa di soia a parte), con molto meno sale e zucchero. I pasti si accompagnano sempre con il tè, specialmente nella variante Kyo Bancha, ricavato dalle foglie “affumicate” di té verde che danno il caratteristico sapore alla bevanda e quasi privo di teina. Confesso che questo tipo di té non mi fa impazzire, ma consumato durante i pasti bilanciava perfettamente le pietanze ed è una fonte di antiossidanti, che male non fanno.
Ma ora passiamo al re incontrastato dei tè: il tè matcha! Il matcha è una sorta di elisir di lunga vita, con delle proprietà quasi miracolose e dotato di una carica di antiossidanti eccezionale. E’ un té molto pregiato e in Giappone viene reinterpretato in mille modi: in versione cappuccino, bevanda prèt a porter, spolverato sui dolci, nel gelato e chi più ne ha più ne metta. Ha un sapore molto particolare (alcuni lo paragonano all’erba), ma devo dire che mi aggrada molto, infatti a Kyoto ne ho comprato un bel po’.
Ora vi starete chiedendo: e il sushi? Ecco, il sushi è un alimento che non è presente nella dieta quotidiana giapponese. E’ un alimento “per ricchi” o per occasioni speciali e costa tantissimo (avete presente le formule all you can eat con cui tutti noi ci strafoghiamo? In Giappone scordatevele). Ne abbiamo mangiato un po’ solo una volta e il sapore però era paradisiaco, poiché il pesce è stato il più buono e fresco che abbia mai mangiato, dunque vi consiglio di mangiarne poco solo per togliervi la curiosità ma di optare per altre pietanze meno costose e più sostanziose.
Leggere i menù è divertente, nel senso che si deve andare molto a intuito ma spesso fortunatamente ci sono le fotografie dei piatti. In alcuni ristoranti inoltre si sceglie l’ordinazione fuori dal locale come se si stesse usando una macchinetta per il caffè: si schiaccia il cibo desiderato sul display al di fuori del locale, si paga, si prende lo scontrino, si entra e si trova tutto pronto. Decisamente comodo!
Dunque, il mio giudizio sulla cucina giapponese è veramente buono: è una cucina molto sana e gustosa, priva di latticini, ricca di pesce, verdure e té pieno di antiossidanti, alghe e tofu.
MA...E’ ripetitiva. Come dicevo nel primo post riguardo le cronache giapponesi, ho realizzato di essere un’italiana caciarona, e in quanto tale dopo la prima settimana ho cominciato a risentire della mancanza della cucina della mia terra madre. Il fatto è che noi italiani siamo abituati troppo bene, perché la nostra cucina è veramente ricca e variegata e sicuramente ci rende di default assuefatti a determinati tipi di sapori, dunque pur avendo apprezzato l’alimentazione del Sol Levante, quando sono tornata a casa e mi sono fatta un piatto di pasta al ragù quasi mi sono commossa.
Sarebbe bello trovare una via di mezzo ecco, anche perché in Giappone il tasso di obesità è quasi inesistente e la loro dieta è complessivamente molto ben equilibrata e sana.
Per ultima cosa sottolineo che in Giappone i ristoranti si specializzano in un solo tipo di cucina, dunque se andate in un posto che fa ramen, troverete solo ramen, ma saranno veramente deliziosi in quanto interpretati alla perfezione.
Dunque se fate questa esperienza, buttatevi: mangiate cibi tipici, osate, sperimentate e andate a tentoni, ne varrà la pena!
Mamma mia io avrei mangiato di tutto! Sono una fan accanita del ramen, non vedo l’ora che venga il freddo serio per farmene un centinaio di tazze!
Che bisogno c’è di aspettare il freddo serio :D?
Ti parla una che si è scofanata un sacco di ramen ad agosto inoltrato ;)!
E’ sempre buono <3
Ciao! Ho letto tutte le tue cronache giapponesi, spero che un giorno mi siano utili per un eventuale viaggio. Il mio problema è l’organizzazione, per cui viaggi di più di 4-5 giorni non ne faccio mai. Il tuo invece mi è sembra perfettamente studiato e mi sembra che vi siate divertiti tantissimo. Pensa che c’è chi va in Giappone e torna insoddisfatto, dicendo che è meglio l’Italia, sentito con le mie orecchie (ma come si possono paragonare due paesi così diversi? A quel punto meglio visitare in modo approfondito l’Italia e non spendere soldi inutilmente. Scusa lo sfogo ma dopo aver letto del tuo viaggio così splendido mi è venuto automatico di fare il paragone con un altro racconto di viaggio, fatto quasi contemporaneamente al tuo, ma fatto quasi totalmente di lamentele
Dorotea
Ciao Dorotea :D!
Spero tanto che in futuro le cronache ti siano d’aiuto (sono anche indietro, vorrei parlare di Kyoto, Nara e Osaka ma negli ultimi tempi sono presissima), anche se secondo me la cosa più importante è lo spirito con cui si affronta un viaggio del genere. Noi avevamo fatto prima un itinerario a grandi linee e poi, guida alla mano, pianificavamo tutto di giorno in giorno specificando le tappe da vedere la sera prima. Giappone e Italia sono imparagonabili, sono due pianeti diversi e…Il bello è questo! Poi sta tutto anche alla capacità di adattamento che si ha, mi spiace per la “brutta” esperienza di cui hai sentito parlare, sicuramente ci sono dei “sacrifici” da fare (il camminare 15 km al giorno, il non capire nulla di ciò che viene detto/scritto, l’adattarsi a piccole abitudini della vita di tutti i giorni molto diverse da qui, come il non baciarsi in pubblico o il soffiarsi il naso, o mantenere la sinistra anziché la destra e via dicendo), ma questo vale per ogni vacanza, a meno che non sia una vacanza puramente mirata al relax. Il bello è il rapportarsi al nuovo, l’uscire dall’abitudine, e tuffarsi ogni giorno in una sorpresa: è stata la parte più elettrizzante e bella del Giappone. Ogni giorno, una cosa nuova! Ed è sicuramente lo stesso anche per i turisti giapponesi che vengono in Italia, dunque nessuno dei due è migliori, sono belli entrambi in modo diverso e sono entrambi dei paesi fantastici da scoprire. Poi va beh sono di parte, adoro la cultura giapponese ed è stata un’esperienza per noi veramente magnifica!
A presto!