Oggi in questo post vorrei trattare un argomento a mio parere interessante e controverso, ovvero la dinamica sociale che si instaura tra follower e “personaggio generico del web”.
Con questa definizione intendo blogger, youtuber, instagrammer, twitstar e chi più ne ha più ne metta, insomma le figure più o meno pubbliche che si mettono allo scoperto sul web scegliendo di condividere con il mondo determinati aspetti della loro vita e della loro professione.
Parlando delle persone che mi hanno scoperto sul web da zero e non delle persone che mi conoscono vis a vis e vogliono tenersi aggiornate sugli affari miei, in questo in un certo senso mi sento privilegiata, poiché essendo seguita da veramente poche persone (e non avendo la più pallida idea di quanti lurkino in silenzio) ho quasi sempre instaurato un rapporto “paritario” con chi ha avuto o ha tutt’ora il piacere o l’interesse di leggermi e di farsi avanti commentando.
Con molte persone ho stretto delle vere e proprie amicizie, con altre mi sono persa di vista*, con altre ancora ci siamo ritrovate e riscoperte a distanza di anni e di molte so comunque abbastanza da non ritenerle delle complete sconosciute poiché leggo a mia volta i loro blog o ci seguiamo su altri social. Insomma, un buon 80-90% dei lettori di cui sono a conoscenza ha un volto e spesso anche un nome ed un cognome.
Ma al di là di questi casi, tra sconosciuti a volte si crea una dinamica strana.
Io stessa, da lettrice o da spettatrice assidua, mi affeziono a determinati ambienti, siano essi fatti di parole o di immagini. Mi tengo aggiornata, tengo d’occhio la frequenza di pubblicazione o di aggiornamento di un canale, sono contenta se ci sono nuovi post o video che mi terranno compagnia nei momenti morti e io e milioni di altre persone ci ritroviamo in un battibaleno a conoscere dettagli di perfetti sconosciuti quali il nome del loro cane, cosa hanno mangiato una determinata mattina o che opinioni hanno di un determinato film.
Dall’altra parte, da blogger, so bene che chiunque potrà magari vedere che vacanze ho fatto, cosa penso di una determinata serie televisiva o qual è l’ultima vignetta che ho disegnato. E non solo so che può accadere, ma voglio che ciò accada. Scrivo per avere riscontri, confronti e per il piacere della condivisione narcisisticamente fine a sé stessa, primo motore di qualunque utente social (e non pensiamo che questo discorso si limiti solo ai selfie in cui si viene bene o all’outfit del momento, questo compiacimento un po’ auto-masturbatorio è spesso e volentieri anche concettuale ed ideologico). Quando ciò avviene mi fa piacere, infatti anche solo sapere che qualcuno ha dedicato il suo tempo a leggere un mio articolo o ha sorriso per un disegno è appagante: non scriverei se fosse il contrario.
Entro certi limiti di conseguenza penso che l’aspetto social sia una naturale mutazione permessa dai nuovi media dell’aspetto ludico delle nostre vite, che da sempre è esistito e sempre esisterà. E’ normale affezionarsi in un certo senso a chi si segue perché spesso si è spinti a farlo da una base di idee comuni, o comunque di interessi, simpatie o divertimento, il che porta di frequente anche ad una certa forma di ammirazione e stima.
Il problema sorge quando si sforano ampiamente questi limiti e l’ammirazione diventa idolatria, soprattutto quando l’utenza coinvolta è molto giovane, e quando dalla parte del “personaggio generico del web” ci si aspetta che tutti là fuori siano i propri amici: non è così, ed è giusto che sia così (se no ci perderemmo anche delle perle di satira meravigliose).
Rimango sempre un po’ interdetta quando leggo commenti come “TI ADOROOOOOO!!!1111!! TI PREGO SALUTA ME E I MIEI FIGLI!” o anche “VOGLIO ESSERE CM TE!!!”, ma resto ancora più stupita quando il personaggio web dice cose come “Lo dico a voi perché siete miei amici”, quando il “voi” in questione racchiude in sé potenzialmente chiunque. Questo secondo me è sbagliato, in entrambe le accezioni, e mi ricorda un po’ una forma ulteriormente collassata del famoso quarto d’ora di celebrità ipotizzato da Warhol, in cui chiunque per poco sarà famoso e di conseguenza sarà trattato come tale. Mi inquieta, ecco, il perdere di vista da entrambe le parti, quella di personaggio web e di pubblico, la definizione di famoso: famoso significa essere conosciuto, ma non necessariamente questo implica esserlo per delle motivazioni corrette o buone.
Il web permette ormai a chiunque di esserlo in modo più o meno vasto, dunque in un certo senso questo concetto di fama si annulla da solo, e ci si dimentica che questi personaggi sono persone normalissime, e che il fatto che ad esempio condividano quando vanno a fare la spesa o quando vanno in vacanza non li rende persone più speciali degli altri, al massimo più esibizioniste (e questo spesso se lo dimenticano in primis le starlette del web). E’ semplice intrattenimento, e nella maggior parte dei casi è monodirezionale: c’è una parte attiva che prepara dei contenuti per qualcuno che ne fruisce passivamente ed in silenzio, in modo teoricamente distaccato; le dinamiche sociali e psicologiche che però si stanno creando forse si stanno evolvendo molto (troppo) velocemente, e penso che non tutti siano preparati a gestirle in modo sano (forse anche io eh, chi lo sa).
Se vi va, raccontate la vostra esperienza, sia da utenti che da blogger o “personaggi web generici”, sono curiosa di sapere se sono l’unica che si perde in queste elucubrazioni mentali o no!
*(Elena, se ci sei o mi stai leggendo, batti un colpo! Ho perso mille contatti cambiando pc e telefoni e non riesco a contattarti 🙁 )
Mi è capitato spesso di pensare a questa cosa anche riguardo a personaggi veramente famosi, cioè quelli proprio famosi famosi. Io penso: okay, ha fatto o fa qualcosa di geniale o di bellissimo, ma è una persona. Un normalissimo essere umano. E di conseguenza non riesco a capire per esempio le foto con le star o le richieste di autografi, perché che me ne faccio della firma di una persona? Che me ne faccio di una foto con una persona che non conosco, che non fa parte della mia vita? Questo, ripeto, senza togliere nulla al fatto che la sua arte possa piacermi anche da morire. (Poi va be’, con le foto in particolare ho un pessimo rapporto a prescindere.)
Riguardo invece alle persone che seguo online, sicuramente in quel caso ho la sensazione di “conoscerle” in qualche modo, ma la vedo più come una specie di amicizia o, se questa è una parola troppo grossa, almeno condivisione tra pari. Le – vi – ritengo anche belle persone sulla base di quello che so, e un pensiero che ho spesso per esempio è “che carino/a, vorrei abbracciarlo/a”, e sicuramente ci può essere anche ammirazione, ma non mi è mai capitato di pensare di qualcuno che fosse una creatura mitica e sovrumana o di sentirmi miracolata perché “ha risposto a un mio commento” e cose del genere ._.
E’ verissimo quello che dici, nel senso che siamo tutti esseri umani, ma spesso ce lo dimentichiamo. E’ come se avessimo bisogno del nostro sincretismo personale di divinità tangibili ed identificabili, siano esse degli attori o dei cantanti o magari persone con un blog o un canale su Youtube. Io sicuramente provo l’ammirazione e la vera e propria idolatria in certi casi, volente o nolente, per personaggi però “irraggiungibili”, come se questo li rendesse più astratti (se stavo iperventilando con Immanuel Casto, penso che se vedessi dal vivo Benedict Cumberbatch potrei tipo morire), ma non ho questa cosa nei rapporti blogghistici o social, pur provando come hai detto tu dei sentimenti di affinità e di simpatia.