In questo post oggi vorrei parlare di fotoritocco, ma in un’accezione diversa da quella con cui spesso se ne parla, riguardante ad esempio le riviste di moda o i giornali patinati. Vorrei parlare di fotoritocco “fai da te”, ovvero mirato ad esempio a foto da mettere su social network come Facebook o Instagram, spesso utilizzato dalle webstar ma che sta prendendo sempre più piede anche tra le persone comuni.
Non tocco il primo ambito, perché dopo anni sono arrivata ad una conclusione: il fotoritocco, nei giornali fashion o nelle pubblicità, ho capito che non mi reca alcun fastidio o complesso. Questo perché ormai giornali come Vogue, Glamour, Cosmopolitan & company ai miei occhi sono una vetrina su cui rifarsi gli occhi, un carosello di rea confessa finzione su cui staccare la spina dai crucci estetici che ci tormentano quotidianamente.
Per farla semplice: sì, raramente vedo ragazze dai corpi statuari senza un filo di cellulite, ma altrettanto raramente le vedo vestite da bomboniera gotica con un trucco da geisha contornate da scarpe con tacco 27 con fantasia animalier. Dunque la scissione è netta, non è la realtà, e anche se la foto che pubblicizza il fondotinta miracoloso è stata infinite volte vittima del filtro fluidifica ormai ho raggiunto la pace dei sensi: va bene così.
Non è stato un processo scevro da “sofferenze” (perdonatemi il termine), anzi: a volte io ho collaborato con dei fotografi, alcuni anche molto bravi, e in base alla tecnica di ciascuno di loro in certi casi ho faticato a riconoscermi proprio per via del fotoritocco che è stato fatto sulle fotografie. Da una parte, specialmente quando ero più giovane, ho pensato cose come: “Oddio, se mi hanno modificato la X parte del corpo vuol dire che non va bene, che sono inguardabile, buuuuh!“, poi con l’andare avanti del tempo ho messo da parte gli inutili complessi, perché non sono palesemente né Gigi Hadid né Naomi Campbell, e ho capito che tutti coloro che mi hanno fotografato stavano creando un prodotto, di cui io ero solo un ingrediente.
Ne è un esempio la foto qui a lato, che è stata venduta e finita su diversi siti: è ovvio che la base è la mia, ma tante cose sono state più che modificate per raggiungere lo scopo del fotografo, ovvero l’avere una foto che ritrae una pazza.
Dunque per tornare a noi, quando ho voglia di vedere veramente com’è un prodotto, sia esso un vestito o ad esempio un trucco, normalmente questi giornali non li compro, ma mi limito a sfogliarli nelle sale d’attesa del dentista e invece approfitto della grande fortuna che ci ha dato internet, ovvero la possibilità di scegliere, e vado ad esempio a legger blog tematici, o a guardare video su Youtube, dove tantissime ragazze che si possono potenzialmente incontrare tutti i giorni hanno il merito di mostrare alle persone comuni come vanno veramente le cose.
Il discorso marchettone qui non c’entra, perché anche se un prodotto è tale, ad esempio un fondotinta, teoricamente dovrei comunque vedere il risultato finale di esso spalmato su una pelle non ritoccata, magari acneica o con cicatrici: insomma, la fortuna di internet è poter mostrare tanto se non quasi tutto, perciò nel mondo della rete, a differenza dei giornali di moda, si possono tranquillamente trovare tutte quelle sfere che normalmente sono snobbate in quanto o non vendono, o semplicemente non rientrano nei canoni attuali.
Quando però vedo la webstar di turno che inizia a propinare immagini estremamente diverse dalla realtà, un po’ mi altero. Mi altero perché ancora non sono riuscita a digerire quella subdola via di mezzo che si pone come anello di congiunzione tra la rivista di moda e il blog/canale de noantri. La definisco subdola perché conserva la presunta “verità” offerta dalla dark side della rete, ma ha tutta la finzione dei giornali di moda, che mi sembrano molto più innocui perché propinano volutamente e dichiaratamente immagini surreali, e secondo me vendono un “prodotto” falso, che si distacca dall’obiettivo primario per cui è nato e, dato che il pubblico della rete è sempre più variegato, e sempre più giovane, e sempre più abbandonato a sé stesso nella transumanza internettiana, l’identificazione con l’eroina virtuale di turno può sfociare molto facilmente nella frustrazione.
Sia chiaro: non sto parlando di scegliere e mettere esclusivamente foto dove si viene bene, questa è una cosa che tendiamo a fare tutti, è normale. Io stessa sono una gran poser e inondo Instagram di selfie fataloni, specialmente se ho un trucco che mi piace, ma sono sempre io. Anzi, ogni tanto metto anche qualche foto dove mi vedo bruttarella, soprattuto dopo essermi sentita dire, in relazione ad una bella fotografia: “Wow, qui sei così bella che non sembri neanche tu!” (nota: come si deve reagire a una frase del genere :D? E’ un meraviglioso disfemismo), per paura che magari le persone che mi vedono poco dal vivo e spesso sui social non mi riconoscano o ci rimangano troppo male.
Perciò se io seguo ad esempio una blogger curvy perché al posto delle gambe ho dei tronchetti di sequoia e sto cercando spunti per valorizzarle al meglio, e vedo che la blogger in questione da una foto all’altra passa da una 46 a una 38, ci rimango un po’ male. Perché lancia un messaggio che vuol dire: “Non mi piaccio come sono”. E dunque io, che ti seguo proprio perché teoricamente stai proclamando alle ragazze cicciotte là fuori che ci sono tante tipologie di donna e che si può essere super glamorous anche se non si è come la sovracitata Gigi Hadid, come dovrei rimanerci?
Se ti seguo perché ho il naso come quello di Dante Alighieri e ce l’hai anche tu, e nelle foto improvvisamente di vedo con il naso di Michael Jackson e sembri koreana, cosa dovrei pensare? Mi dispiace non solo da utente, ma anche per queste ragazze (parlo al femminile perché ovviamente è il target che seguo, anche se sono certa che c’è una controparte maschile), perché sono cadute a loro volta in quella spirale di finzione e di irrealtà dalla cui scissione sono nate come fenomeno.
Mi rileggo e mi sento un po’ come Helen Lovejoy dei Simpson (“Perché nessuno pensa ai bambini?!”), e mi rendo conto di stare invecchiando. Però invecchiare secondo me è una cosa bella, perché ti porta a fregartene di più cose. Faccio questo appello: valorizziamoci, cerchiamo di stare bene con noi stessi ma siamo anche più indulgenti. Non si potrà MAI piacere a tutti, e fidatevi che c’è gente che dice pure alla splendida Gigi Hadid che è culona; tuttavia, là fuori ci sono persone a cui piaceremo anche per i nostri difetti, dunque lasciamo lo stravolgimento dei connotati ai grafici, o al massimo ai pugili professionisti.
Non ne vale la pena, facciamo pace con noi stessi.
“Wow, qui sei così bella che non sembri neanche tu!”
Ahahah, a questa cosa ci penso sempre anch’io! C’è una cugina di mia nonna che commenta sempre l’aspetto delle persone in maniera negativa (perfino di sua figlia dice che è brutta), e quando invece vuole fare un complimento se ne esce con cose di questo tipo. “Che bellina in questa foto, non mi sembrava neanche lei.”
Le cose che hai detto le penso anch’io, anche se a dire il vero non me ne sono mai preoccupata più di tanto perché non ho mai seguito fashion blogger, youtuber e sim. Ma mentre leggevo mi è venuta in mente Lena Dunham con l’insopportabile ostentazione del suo corpo a ogni pie’ sospinto, e mi sono chiesta cosa sia peggio. Tra l’altro anche quella mi sembra una forma di insicurezza. Quando guardo Girls ho l’impressione che lei voglia dire “non mi vergogno del mio corpo”, ma il messaggio che mi arriva invece è “fingo di non vergognarmi del mio corpo costringendovi a guardarlo”.
“Perfino di sua figlia dice che è brutta” – E’ un po’ un autogol dato che al 50% ha il suo patrimonio genetico ahahah :P! Tremenda :D!
Io guarda seguo saltuariamente dei blog e dei video perché spesso trovo degli spunti a volte molto buoni (vuoi per abbinamenti di vestiario, trucchi etc) e proprio per questo mi dispiace, perché penso a quanto queste persone nella loro normalità possano essere utili e, in alcuni casi, anche di conforto a tante altre. E’ un po’ un “vorrei essere su Vogue ma non posso”, quando si sta invece proponendo un modello ben diverso da quello perfetto e surreale di questo tipo di testate.
P.s: Oooh, meno male che non sono la sola a pensare questa cosa della Dunham! All’inizio ci stava pure e ne apprezzavo assolutamente il coraggio, ma ora non se ne può più di vederla sempre nuda (nel senso, ai fini della trama spesso la sua nudità è gratuita, darebbe fastidio anche se non fosse lei ad ostentarla :P)!