Di recente ho riletto “Pinocchio – Storia di un bambino” di Ausonia, una graphic novel che ho particolarmente amato considerato quanto mi affascinino le versioni incupite delle fiabe a cui siamo abituati.
La storia è già in partenza un capovolgimento della fiaba di Collodi (già di suo per alcuni punti di vista un po’ dark), ambientata in un mondo composto non da umani ma da burattini, una lunga analessi durante la quale si percorrono le tappe più importanti della vita di Pinocchio, non nato dal legno bensì da un pezzo di carne parlante.
Geppetto, non più falegname ma macellaio, parla del figlio con malcelato disprezzo e risentimento per il suo essere diverso dagli altri, distaccandosi molto dalla figura di padre amorevole a cui normalmente è associato e Pinocchio, dal cuore di bambino e dall’animo gentile, è presentato come una creatura ad un certo punto mostruosa, dall’aspetto grottesco, un pupazzo di carne che riassume la causa della sua deformità rispondendo semplicemente: “La vita.”
Al contrario della fiaba classica, il naso di Pinocchio si allunga quando dice la verità, concetto che non ha alcun valore in quanto l’argomentazione, nel mondo dei burattini, va portata avanti con prove e fatti, indipendentemente dalla loro veridicità.
Il sovvertimento non è solo contenutistico ma concettuale, illustrando con spiazzante schiettezza quanto il bene possa essere il male semplicemente cambiando punto di vista, il tutto sottolineato da colori spenti quasi quanto gli occhi del protagonista, ormai vuoti e dai quali è stata strappata ogni emozione.
Ogni personaggio è metafora degli aspetti assurdi e paradossali che si possono ravvisare nella nostra società ribaltando buoni e cattivi: la fata Turchina è trasformata in bambola di legno e gomma che fa la maitresse di bordello, il Gatto e la Volpe vengono assolti per mancanza di prove, Lucignolo è una ragazza che si fa chiamare Lucy che è malvista da tutti poiché sin da piccola era incapace di mentire. L’unico personaggio fedele a sé stesso è il grillo parlante, che ha una connotazione anche politica e cerca di opporre resistenza ad un mondo di marionette dominate dalle bugie e che per questo sono incapaci di vedere, tanto meno di spezzare, i fili che le legano.
Come si può ben immaginare, non ci sarà un happy ending nel classico senso del termine, ma una fine che non sovverte l’ordine prestabilito, in cui i cattivi sono i buoni e i buoni per sopravvivere diventano cattivi, con una conclusione svoltasi con un sorriso amaro dettato dalla consapevolezza della forza gigantesca che può avere il conformismo.
“Pinocchio – Storia di un bambino” è una storia ben sviluppata, con disegni che da una parte richiamano le classiche illustrazioni delle storie per l’infanzia ma che al contempo si deformano e scuriscono con tratti di realismo che stonano tanto nelle figure quanto nell’intreccio, molto adatta a chi ama storie dalle tinte fosche non fini a sé stesse ma in grado di stimolare riflessioni.
Qualcuno di voi ha letto questa graphic novel, e si sì come l’ha trovata?