[Avvertenza: questo post contiene degli spoiler riguardo alla stagione 1 della serie “Penny Dreadful”, dunque se volete iniziare a vederla e non volete rovinarvi la sorpresa, non leggete!]
Da tempo volevo guardare Penny Dreadful, ma (ovviamente, da brava pigra che sono) mi sono decisa a realizzare questo proposito grazie a Netflix, che ormai è diventato una droga a cui sono veramente grata per avermi dato l’occasione di scoprire questa splendida serie (con due anni di ritardo, ma sorvoliamo).
Non saprei neanche da dove cominciare a descrivere i motivi per cui penso che Penny Dreadful sia meravigliosa, ma ci proverò. Da brava umanista una delle ragioni principali è il continuo riferimento che si fa alle opere letterarie, in primis i così detti “penny dreadful“, delle storie dell’orrore che uscivano nell’Inghilterra del XIX secolo a puntate e che si pagavano per l’appunto un penny, ma anche e soprattutto i personaggi appartenenti ad alcuni dei più famosi romanzi gotici e del terrore quali il dottor Victor Frankenstein, la sua Creatura, Dorian Gray o il professor Van Helsing. La letteratura però abbonda ulteriormente con dei raffinatissimi giochi di citazioni e allusioni, con la presenza di versi di Shelley (non Mary, ma Percy), di Shakespeare, di Milton e molto altro ancora, il che crea un’atmosfera meta-letteraria in cui la letteratura è parte integrante di personaggi partoriti dalla letteratura stessa che si fondono creando una storia nuova che, secondo me, sarebbe piaciuta ai loro “genitori” originari. Da alcuni punti di vista, per molte cose che hanno a che fare con i “grandi” della scrittura, ammetto di essere ultraconservatrice ma in questo caso mi è piaciuto veramente tanto vedere la commistione di tutte queste opere in vista di un prodotto nuovo, che magari, chi lo sa, spingerà indirettamente qualche persona in più a leggere “Dracula” di Bram Stoker e non “Twilight”. Il dottor Victor Frankenstein ad esempio non è uno “scienziato pazzo” da cliché, ma un giovane ragazzo che ha intrapreso i suoi esperimenti per evitare il dolore della morte, apparentemente cinico e distaccato ma col bisogno di ricorrere alla morfina per anestetizzare la sua sofferenza interiore, e Dorian Gray viene ritratto nell’inaspettato momento in cui conosce il rifiuto, emozione nuova a cui non sa neanche con quale espressione doversi rapportare.
Un’altra ragione per cui Penny Dreadful vale la pena di essere vista è il suo essere squisitamente British, dalla recitazione e dalla splendida dizione degli attori in lingua originale alla bellezza delle atmosfere della Londra Vittoriana che fa da scenario alle vicende dei protagonisti. Tutti i dettagli sono estremamente curati: i vestiti, le componenti d’arredo, i dipinti, e tutto è esaltato da una fotografia eccezionale, per non parlare della colonna sonora, veramente splendida (basta sentire la sigla).
Come ho accennato prima, la recitazione è veramente di ottima qualità, ma la punta di diamante in Penny Dreadful è sicuramente Eva Green. E’ perfetta per il ruolo di Vanessa Ives e ha interpretato magistralmente delle scene che, se non eseguite alla perfezione, avrebbero fatto facilmente sfociare la serie nel ridicolo. Secondo me un grande valore aggiunto alla sua bravura è la sua fisicità: non è bella in senso canonico, ma ha un fascino veramente conturbante (cosa che già avevo notato in “The Dreamers”, ma ora che è meno “ragazza” ancora di più) ed oltre ad incarnare perfettamente la figura della dark lady ha uno sguardo veramente particolarissimo, grazie alle sopracciglia dritte e agli occhi grandi e profondi. Splendida.
Trovo anche veramente indicata la scelta di Reeve Carney come Dorian Gray, e la motivazione è un po’ superficiale ma anche il fattore scatenante che mi ha fatto esclamare “E’ LUI!” quando l’ho visto sullo schermo del mio PC. L’edizione de “Il ritratto di Dorian Gray” che posseggo è vecchissima e apparteneva a mia madre, e sulla copertina figurava un’illustrazione in bianco e nero del protagonista, che era tale e quale a Reeve Carney (con tanto di capelli con improbabile riga in mezzo), dunque mi è stato impossibile non fare questo collegamento! Ma ora parliamo di lui, il mio personaggio preferito: La Creatura/Calibano.
“Frankenstein” di Mary Shelley è un romanzo che ho molto amato, e vedere una versione alternativa della storia della Creatura in Penny Dreadful è stato splendido, anche e soprattutto perché il sentimento di umanità della Creatura ha come contesto principale del suo sviluppo il teatro. La Creatura infatti impara a conoscere la gentilezza umana in questo mondo dopo aver conosciuto la crudeltà del mondo esterno e troverà la prima vera figura paterna della sua esistenza in Vincent, il proprietario del teatro Grand Guignol. Vincent, indipendentemente dall’aspetto spaventoso della Creatura, vi si rapporterà senza pregiudizi ed instaurando con lui un rapporto affettivo e non solo lavorativo. Ho adorato il messaggio trasmesso dal proprietario del Grand Guignol secondo il quale nel teatro la diversità non è qualcosa di cui vergognarsi, bensì un valore aggiunto ed una ricchezza preziosa, così come l’attribuzione del nome “Calibano” alla Creatura, ennesimo tributo ad un’opera di Shakespeare (in questo caso a “La Tempesta”). Si è creato così un parallelismo secondo il quale si dà il nome alle proprie creazioni affinché esse prendano vita, concetto esposto da Vanessa Ives riguardo le sue opere tassidermiche, presentato da Victor Frankenstein quando fa scegliere alla seconda creatura il nome di Proteo e portato all’apice a mio parere con Calibano, a cui non era mai stato dato un nome poiché inizialmente non ritenuto degno dal dottor Frankenstein di vivere in quanto creatura imperfetta. Questo personaggio è uno dei meglio descritti, con un’introspezione psicologica dettagliata e a tratti commovente, e con alcuni dei più bei monologhi in tutta la stagione (cosa che ulteriormente lo accomuna con il Calibano Shakespeariano).
E’ inutile, è tutto inutile. A lungo ho sognato una compagna uguale a me, che guardasse questi occhi, che non temesse il mio volto e lo guardasse senza indietreggiare. Ma non succederà mai. La mostruosità non è sul mio volto, è nella mia anima. Un tempo pensavo che se fossi stato come gli altri uomini sarei stato felice, e amato. Ma la malvagità si è diffusa, dall’esterno all’interno. E questo volto devastato riflette l’abominio che ho al posto del cuore. Oh, mio creatore, perché? Perché non mi hai fatto di pietra e acciaio? Perché mi consentite di soffrire? Preferirei tornare il cadavere che ero, piuttosto che l’uomo che sono. Avanti, premete il grilletto: sarebbe una benedizione.
Come la Creatura delle pagine di Mary Shelley, anche in Penny Dreadful Calibano chiede al dottor Frankenstein una compagna, poiché dilaniato dalla mancanza della soddisfazione di uno dei desideri primari degli esseri viventi: l’amore. Si macchia di omicidi ed efferatezze dettate dalla frustrazione generata non dall’essere un emarginato, ma dalla solitudine, cosa che lo accomuna con il suo creatore: le scene con la Creatura/Calibano mi hanno emozionato tanto. In particolar modo ho versato lacrimoni nelle scene in cui la Creatura era felice, quando lavorava a teatro, perché non si è abituati a pensare al “mostro” creato da Frankenstein come una creatura degna di felicità, quando invece al contrario non ha scelto le sue colpe e si trova ad impazzire poiché è impossibile per lui raggiungere una parvenza di vita normale, in quanto frutto dell’anormalità e dell’aberrazione più grande, ossia il ritorno alla vita dopo la morte.
Ora mi tufferò a guardare la seconda stagione, confidando che mi dia tutte le soddisfazioni che mi ha dato la prima. Chi di voi ha visto Penny Dreadful, e che ve ne è parso?