[Avvertenze: questo post può contenere spoiler, dunque se state guardando la serie e non l’avete ancora finita oppure avete intenzione di guardarla, non continuate a leggere!]
Il mio rapporto con le serie televisive ha alti e bassi, dato che ci sono periodi in cui il pensiero della continuità di una serie mi fa angosciare e dunque preferisco l’autoconclusività di un film, ed altri in cui trovo una serie che mi piace e mi appassiona e ne guardo venti puntate al giorno, in un tripudio di binge-watching: con Jessica Jones è stato così. Non conoscevo il personaggio e ammetto che inizialmente ero un po’ restia a guardare questa serie, perché un po’ stanca del così detto “super-heroes stuffing” dell’ambiente cinematografico e televisivo degli ultimi tempi, preferendo in questo periodo film e programmi con come protagonisti persone normali, magari dotate di particolare acume, forza, fortuna o intelletto, ma pur sempre comuni mortali.
Mi sbagliavo. In Jessica Jones (incarnata da Krysten Ritter) i superpoteri sono una parte minima e marginale, funzionali alla trama quanto basta solo perché il super villain ne è a sua volta dotato, ma è una serie il cui argomento principale è la violenza di genere, metaforicamente rappresentata tramite le doti dell’antagonista (l’Uomo Porpora, interpretato da David Tennant) che riesce a manipolare le persone tramite il controllo della loro mente.
Jessica Jones, la protagonista, viene sin da subito rappresentata come umana e debole: è nel pieno di una sindrome da stress post traumatico dopo aver subito le angherie dell’Uomo Porpora, cerca di mettere insieme il pranzo con la cena tramite un’agenzia di investigazioni di dubbia apparenza ma di sicura efficacia, ha problemi di alcolismo, continua a fare incubi e non nasconde un brutto carattere peggiorato dalla sociopatia che a suon di traumi ha sviluppato. Il suo aspetto è quello di una ragazza normalissima, a tratti anche trasandata, con jeans logori, stivali vecchi e consunti, maglie semplici e sempre di colori cupi, come nero e grigio, a simboleggiare quasi la voglia che la protagonista ha di non essere notata, sia per il suo lavoro di investigatrice sia per essere lasciata in pace. L‘Uomo Porpora invece è sempre elegante, dai modi raffinati, un esteta amante delle cose belle e costose e incapace di sentirsi dire di no, mentalmente disturbato, manipolatore e incarnazione esasperata della figura del predatore sessuale che conosce solo la violenza come modo di ottenere ciò che vuole, una metafora perfetta per dire come le apparenze possano ingannare e come il lupo cattivo spesso e volentieri possa essere travestito da agnello griffato Paul Smith.
David Tennant è un attore bravo, bravissimo (non solo perché è il decimo Dottore, guardatevi se potete anche il suo Riccardo II e rimarrete estasiati), e ha dato l’ennesima dimostrazione delle sue doti attoriali facendo provare allo spettatore verso l’Uomo Porpora quello che si merita, ovvero rabbia, disgusto, repulsione. Il suo potere consiste nel far fare alle persone quello che vuole, costringendole a farsi del male, a fare del male ai propri cari, a mutilarsi o a mentire, e se normalmente usa le persone come pedine per i suoi giochi perversi, usa le donne come oggetti, come bamboline da sfruttare sessualmente e non fino a quando non si stanca di loro, cercando di torturare attraverso ciascuna di loro Jessica, la donna da cui è ossessionato e a cui pensa continuamente. L’Uomo Porpora non ha capacità fisiche che gli permettono di difendersi, è un uomo mingherlino e pavido che usa gli altri come scudo, e la violenza a cui sottopone Jessica è prima di tutto psicologica: la fa seguire, fotografare, la controlla, fa del male e la allontana dalle persone a cui vuole bene, relegandola in una bolla di isolamento e paranoia che a lungo termine potrebbe ucciderla.
Quello che fa paura dell’Uomo Porpora è il suo essere esageratamente e potenzialmente reale, richiamando fenomeni come lo stalking o il gaslighting, portando alla mente tutti quegli uomini che hanno fatto del male, fisico e non, alle proprie mogli, compagne o ex semplicemente perché non si erano rassegnati al fatto di essere stati lasciati o di non essere desiderati. L’Uomo Porpora crede fino all’ultimo di poter riuscire a far innamorare Jessica di lui, cercando di ucciderla al grido di “Se non mia, di nessun altro” come un capriccio, ma continuando a desiderarla e dando a lei la colpa, dicendole che non è capace di amare perché non ha mai conosciuto l’amore, cosa che invece è veritiera per lui. Jessica d’altro canto rappresenta benissimo la lotta interiore che subiscono le donne vittime di abusi e che, ad un certo punto, decidono di dire basta, ma per quanto possa essere una donna cazzuta e dotata di un quid in più (come l’extra forza e la capacità di fare salti altissimi) anche lei ad un certo punto crolla, vedendo distruggere il suo mondo e sentendosi stremata, urlando di non potercela più fare, di non riuscire più a combatterlo.
La forza di reagire la trova anche grazie all‘amica-sorella adottiva Trish, che a sua volta rappresenta la sopravvivenza da un altro tipo di violenza prettamente femminile, quella dell’immagine. Trish ha avuto come aguzzina una madre-padrona che l’ha sfruttata sin da quando era piccola come animale da palcoscenico, rubandole l’infanzia e l’adolescenza e torturandola facendole fare una vita che non voleva, arrivando al punto di farla vomitare dopo i pasti perché “la TV ingrassa di cinque chili” e picchiarla per farle fare quello che voleva. Trish è il simbolo della solidarietà femminile, della donna che seppur inizialmente impaurita e inerme poi tira fuori la forza di reagire e aiuta a sua volta Jessica a farlo, sostenendola e aiutandola ad estirpare il male alla radice sebbene sia una ragazza assolutamente normale e non una super eroina.
Tramite alcuni flashback durante la serie si mostrano le violenze commesse dall’Uomo Porpora su Jessica, e mi ha colpito in particolare una scena, quella in cui si mostrano i 18 secondi di libertà mentale di Jessica durante la sua prigionia (il controllo mentale dell’Uomo Porpora dura 12 ore dall’ultimo ordine ricevuto) e ciò che immagina per scappare. Innanzitutto Jessica, che normalmente è una ragazza che non bada all’aspetto fisico, è vestita di tutto punto poiché l’Uomo Porpora la usava letteralmente come una bambola, vestendola e facendo di lei ciò che voleva, e si sporge dal balcone dell’ultimo piano del palazzo dove è segregata. Ad un certo punto immagina di buttarsi giù, atterrando sana e salva e trovando un cavallo bianco ad aspettarla e con cui scappare via: ho interpretato questa scena da una parte come la rappresentazione del pensiero di molte donne esasperate e vittime di abusi, che immaginano (o addirittura commettono) il suicidio come unica via di scampo, dall’altra parte ho rivisto nel cavallo bianco il cliché del principe azzurro che salva la principessa in pericolo ma, in questo caso, Jessica è il principe azzurro di sé stessa, salvandosi da sola: sarei curiosa di avere confronti su altre interpretazioni, dunque se avete visto la serie scrivetemi cosa ve ne è parso di questa scena.
La serie inoltre porta sullo schermo un’altra tematica molto controversa e delicata, ossia la decisione di abortire in seguito ad uno stupro presa da Hope Shlottman, una delle vittime dell’Uomo Porpora e rimasta incinta in seguito alla sua violenza sessuale. La ragazza mentre è in carcere arriva al punto di pagare un’altra detenuta per farsi picchiare tanto da avere un aborto, per poi farsi aiutare da Jessica e dall’avvocatessa Jeri Hogarth ricevendo una pillola abortiva. La dinamica, di per sé straziante, è ben descritta e giustificata dal disgusto e dalla repulsione che Hope prova per il suo stupratore, mostrando il trauma vissuto da molte donne che hanno subito violenza e che vivono la gravidanza come un’estensione dello stupro.
Soprattutto chi non ha visto la serie potrebbe ora pensare che gli uomini siano rappresentati tutti come stupratori e manipolatori violenti e le donne esclusivamente come povere vittime: no, non è così, e il successo di Jessica Jones sta in questo. Ci sono tanti personaggi femminili controversi (la stessa Jessica non è uno stinco di santa), tra cui l’avvocatessa Jeri Hogarth, che per ottenere i suoi scopi è disposta a fare praticamente di tutto, e la madre di Trish, altrettanto coercitiva e manipolatrice e ancora più subdola poiché nei confronti dell’unica figlia. Dall’altra parte ci sono dei personaggi maschili positivi che mostrano palesemente come la violenza non sia prerogativa degli uomini, ma delle persone disturbate, come Luke Cage, a sua volta dotato di super poteri, dall’animo risoluto e al contempo mite e che permetterà a Jessica di ritrovare fiducia in qualcun altro, di innamorarsi e di ricominciare a credere nel futuro con qualcuno, o Malcolm, il vicino di casa tossicodipendente che ritrova la forza di disintossicarsi e di ricominciare ad aiutare il prossimo, forse il personaggio più puro di tutti in quanto crede nel bene disinteressato verso gli altri.
Il mio giudizio su questa serie è dunque estremamente positivo, non solo poiché denuncia la violenza di genere ma perché è veramente ben fatta, esteticamente bellissima, con un‘ottima recitazione da parte di tutti gli attori e dai toni noir e cupi che rendono le tematiche trattate ancora più dirette e d’impatto, con un finale che tiene alta la suspence ma senza iperbolici combattimenti, con un epilogo secco e veloce paragonabile al risveglio da un incubo. Voi avete visto Jessica Jones? Se sì, cosa ne pensate? Se vi va scrivetelo nei commenti!