Una declinazione negativa dell’abuso di fumetti: gli Hikikomori

hikikomori_by_ecchiskechi-d96aprgSe siete appassionati di manga e anime (ma anche più in generale di letteratura giapponese), vi sarà capitato di imbattervi nel termine Hikikomori, forse perché uno dei personaggi appartenenti alle vostre storie preferite era uno di loro, o perché nel corso della narrazione è comparso questo termine (frequentemente in chiave dispregiativa).

Ma chi sono, e cosa rappresentano, gli Hikikomori?

Con il termine Hikikomori, coniato dallo psichiatra giapponese Saito Tamaki negli anni ’80, si definisce un fenomeno estremamente diffuso tra i giovani giapponesi (per lo più -ma non esclusivamente- di sesso maschile e tipicamente in un’età compresa tra i 12 e i 18 anni, ma ultimamente comprende anche molte persone over 30) ed indica nello specifico quegli individui che, in apparenza senza alcuna motivazione, scelgono consapevolmente di vivere reclusi nella propria stanza rimanendovi senza sosta per periodi molto lunghi, addirittura anni.

hikikomori femaleQuesto stile di vita raggiunge conseguenze estreme che comportano l’abbandono della scuola, degli amici e di qualunque altro tipo di interazione sociale, cosa che porta coloro che manifestano questa forma di disagio adolescenziale al completo isolamento. Persino in Giappone, terra la cui popolazione è già ben abituata a comportamenti e stili di vita che nella società occidentale appaiono insoliti o bizzarri, gli Hikikomori non godono di buona considerazione e anzi, vengono ritenuti quasi malati e questa loro scelta viene interpretata come una reazione estrema dovuta ad episodi di bullismo o a delusioni scolastiche.

E’ stato provato che questa volontaria reclusione genera patologie come fobie, psicosi, regressioni e violenza domestica, cosa che porta alla creazione di un circolo vizioso dato che, per le famiglie giapponesi, avere un figlio Hikikomori è vissuto come un enorme disonore e un fallimento, dunque spesso passano diversi anni prima che i genitori si rivolgano ad uno specialista.

Ciò di cui si circondano principalmente gli Hikikomori sono computer e fumetti, unici mezzi che mantengono in vita in questi ragazzi una parvenza di interazione, e mezzo sicuro con cui rapportarsi senza temere l’impatto della fobia sociale che si è instaurata in essi, diventando quasi una realtà parallela, un mondo di fantasia in cui si sono autorelegati.

hikikomoriSebbene gli Hikikomori a causa della loro condotta presentino comportamenti biologicamente anomali (tra cui in primis l’inversione del ritmo circadiano stando svegli di notte e diventando incapaci di stare svegli di giorno), non chiedono mai aiuto poiché non ne sentono il bisogno e non si aspettano di riceverne da nessuno, rimanendo così attaccati al mondo sicuro fatto di personaggi di manga e videogiochi che si sono volontariamente costruiti.

Questo fenomeno è diventato una piaga sociale in Giappone, considerato che secondo fonti ufficiali, a partire dal 2008 questi ragazzi rappresentano il 2% della popolazione, superando il milione di unità: un fatto che deve rappresentare un campanello d’allarme è inoltre la lenta diffusione di una sua variante occidentale, che prevede un ritiro meno marcato di quello giapponese ma che mantiene l’uso di fumetti e di internet come compensazione del proprio senso di vuoto esistenziale.

Tuttavia, questo fenomeno nella sua accezione orientale ha radici e motivazioni molto diverse rispetto a quella occidentale, che differiscono notevolmente dal fenomeno dei “bamboccioni” e dalle ragioni di convenienza economica che ultimamente stanno facendo avanzare l’età media dell’ “abbandono del nido” in America ma specialmente in Europa.

genshiken_mangaIl fenomeno Hikikomori è infatti iniziato ben prima e inserito in un contesto molto diverso di quello a noi più familiare della “crisi”, e ha portato all’attenzione generale quello che è definito “Il problema del 2030”, poiché la così detta “Prima Generazione” di Hikikomori è ormai auto-segregata da più di vent’anni e ha genitori che ormai hanno tra i 60 e i 70 anni, fatto che porterà la società Giapponese a dover capire come comportarsi e come re-inserire nella società queste persone quando i loro genitori (e dunque la loro unica forma di sostentamento economico) cominceranno a morire.

Culturalmente parlando, il fenomeno Hikikomori ha avuto terreno fertile con la concezione di amore genitoriale giapponese, secondo il quale mettere i propri figli davanti ad un aut-aut (il classico “O ti trovi un lavoro, o ti sbatto fuori di casa”) che porta loro a dover intraprendere delle decisioni drastiche è sinonimo di una mancanza di affetto e di disonore, creando nell’opinione comune un forte contrasto, considerata la pressione sociale -specialmente quella nipponica- volta alla creazione di persone estremamente efficienti ed attive lavorativamente parlando.

japan_culture_hikikomori_08Tuttavia il dibattito è ancora aperto poiché anche nel mondo occidentale, specialmente tra gli adolescenti, si stanno manifestando dinamiche molto simili a questo fenomeno, dato che attraverso l’isolamento e il sicuro approccio al mondo filtrato da internet e dai media, molti giovani si stanno tutelando e difendendo da una società apparentemente spietata verso chi non incarna i canoni di perfezione e di successo.

Che ne pensate del fenomeno Hikikomori? Ne avete già sentito parlare? Se vi va, scrivete pure la vostra opinione nei commenti!

3 comments on “Una declinazione negativa dell’abuso di fumetti: gli Hikikomori

  1. Mi vengono in mente, innanzi tutto, due film (http://www.imdb.com/title/tt0976060/ e http://www.imdb.com/title/tt1499666/) che se non hai visto ti consiglio, mi sono entrambi piaciuti molto. Il primo è suddiviso in tre storie in realtà, di cui solo la terza ha a che fare con gli hikikomori (ma mi è piaciuta tanto anche la prima. La seconda no).
    Essendo io un’asociale, è un fenomeno che in un certo senso mi affascina, ed è qualcosa che probabilmente farei se avessi una rendita sicura di cui campare. A dire il vero, potrei anche dire di essere stata una specie di hikikomori per un bel po’ di tempo, anche se la mia reclusione non è mai stata totale. “Uscire” significava solo andare da mia nonna ogni tanto, praticamente, e avevo quasi solo rapporti virtuali con le persone. Del resto, anche adesso che faccio delle cose ed esco di casa la mia vita sociale è quasi nulla. Quindi boh, mi rendo conto che non è una cosa normale ma ‘sta gente non riesco proprio a biasimarla.

    • Grazie mille per i consigli cinematografici (però il secondo link mi dà errore 🙁 )!
      Mi piace molto anche l’idea del film suddiviso in storie diverse, è una modalità che apprezzo spesso nei film.
      Il fenomeno Hikikomori a me da una parte da paura, pensa che ho letto di un ragazzo di Osaka che è rimasto con il cadavere del padre chiuso in casa per settimane perché, nonostante il signore fosse morto, lui non voleva uscire di casa! Se ti interessa, ecco l’articolo http://en.rocketnews24.com/2013/12/16/man-finds-dead-father-lives-with-the-body/

      • Grazie per l’articolo, in effetti esasperato a questo livello è un comportamento davvero inquietante.
        Il secondo film era Castaway on the moon, dopo il link avevo chiuso la parentesi e quando ci clicchi apre un link inesistente che comprende appunto anche la parentesi. Se togli quella funziona.
        Mi è venuto in mente anche un personaggio di October Road, una serie che mi era piaciuta un sacco qualche anno fa. Purtroppo l’hanno interrotta dopo solo due stagioni, se non sbaglio.

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